giovedì 12 luglio 2007

Sms del figlio con il cellulare aziendale, padre licenziato

La cassazione: «Legittimo
il provvedimento»
GUIDO FURBESCO
TORINO
Lavorate per una società che in dotazione vi ha dato un telefonino e lo usate per spedire sms alla fidanzata o organizzarvi il week-end? Da oggi, cercate di cambiare condotta e seguite le regole. Non lo fate? Bene: sappiate che correte il rischio di rimanere a spasso, senza un’occupazione.

A stabilirlo è la Cassazione che ieri, con la sentenza 15334, è intervenuta nel caso di un dipendente della Telecom, Angelo G., lasciato a casa «per aver utilizzato il cellulare di dotazione aziendale a titolo personale». Un utilizzo scorretto che veniva fatto soprattutto dal figlio ventenne, il quale - senza che il genitore se ne accorgesse - era solito inviare agli amici una «notevole quantità di sms». Un comportamento di questo tipo, hanno argomentato i giudici di piazza Cavour, fa «venir meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore». Fatto grave, da punire. E per questo hanno deciso di rendere definitivo il licenziamento inflitto nel 2001 all’impiegato del gruppo telefonico.

I fatti erano emersi in seguito alle segnalazioni che la Telecom aveva ricevuto dalla Tim. Le telefonate private, quella valanga di messaggini sospetti... Da qui la decisione dei datori di lavoro di licenziare l’uomo, che svolgeva l’attività di tecnico da 30 anni e che per tutta la vita aveva sempre tenuto un atteggiamento irreprensibile: sempre corretto, mai un rimprovero. Niente da fare: a casa. Lui ovviamente non ci sta e si rivolge al Tribunale, ma nel dicembre del 2004 si vede confermare il licenziamento dalla Corte d’appello di Lecce: i giudici di merito non solo ribadiscono la correttezza della misura, ma rilevano che il dipendente è anche colpevole di non avere vigilato a sufficienza sul figlio, che si attaccava al telefonino di papà (o per meglio dire: dell’azienda) per sbrigare le sue corrispondenze adolescenziali via Sms.

Terza puntata. Il dipendente non si dà per vinto e si rivolge alla Cassazione: il provvedimento è eccessivo, dice, e poi mio figlio... Tutto inutile: la Suprema Corte respinge il ricorso e sottolinea che l’utilizzo «personale» del telefono aziendale può legittimamente essere sanzionato con l’espulsione dal lavoro «per un grave inadempimento contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile». Stabilito questo, la Corte aggiunge che i colleghi di merito hanno fatto bene a decidere per il licenziamento, visti i «profili evidenziati in ordine alla condotta del dipendente, protrattasi nel tempo, e agli indebiti vantaggi conseguiti dal dipendente in danno della datrice di lavoro». Tutti bravi, quindi. Tranne il dipendente. E suo figlio: la Telecom, infatti, ha presentato un esposto anche nei suoi confronti.

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